“un muro è fatto per essere disegnato, un sabato sera per fare baldoria e la vita è fatta per essere celebrata”,
questo era Keith Haring, uomo simbolo della contro-cultura metropolitana esplosa tra le strade anonime di New York. È il periodo della
pop art, di artisti come
Andy Warhol,
Jean Michel Basquiat, suoi amici, e di artisti che a poco a poco si appropriano degli spazi urbani che presto diventano il centro nevralgico di nuove forme d'espressione. Haring coglie a pieno il fermento artistico e diventa parte integrante di questa nuova visione dell'arte come strumento contro l'anonimato delle strade, delle metropolitane, dei quartieri di periferia. I suoi
graffiti sono esplosioni di colore di un universo visionario, astratto ma allo stesso tempo in grado di cogliere i mutamenti del momento. I suoi omini stilizzati, rappresentati sempre in frenetico movimento, sono parte di un mondo reale fatto di emozioni violente, sgargianti, la gioia, la paura, la vita, la morte. Non simboli tracciati a rappresentare solo se stessi, nei lavori di Haring c'è spazio per il messaggio, quello della lotta contro l'Aids, contro l'intolleranza verso gli omosessuali. La sua tela diventa la strada, la sua rivoluzione investe gli ambienti urbani, ma la sua voce si spegne nel '90 a causa della droga, da allora non si sentirà più nemmeno il frastuono della pop art.
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